// by ANPI Brescia
rappresentare per nascondere le responsabilità storiche di italiani ed italiane sia nello scatenare i dispositivi di morte di cui quel regime si è servito per imporsi, sia per adeguarvisi facendo finta di niente. Dobbiamo quindi riconoscenza anche a Dante e Erminio Scalvini e ai loro compagni che da subito, fin dall’8 settembre, certo a loro modo e facendo spesso di testa loro, con le loro contraddizioni ed i loro slanci, capirono e scelsero però la parte giusta da cui stare, prima con l’aiuto ed il sostegno a “sovversivi” e “antifascisti”, a “disertori” e “renitenti”, “fuggiaschi” italiani e stranieri verso la Svizzera e poi via, via come “banda” combattente nello scontro con i nazifascisti. Loro ribelli che, bisognosi di tutto – alimenti, indumenti, informazioni, armi – avevano avuto il coraggio e la dignità di disobbedire, con tutti i rischi del caso, agli ordini del dispositivo politico-militare fascista della RSI occhiuto e onnipresente, soprattutto in zone come queste prossime alle proprie sedi di direzione. Un apparato crudele e implacabile contro i sovversivi, apparentemente invincibile soprattutto dopo che si era messo sotto le ali protettrici e padronali del dominio nazista.
valle Dorizzo e dello SPI – Cgil che hanno riportato alla luce la storia della Banda Dante e che instancabilmente, testardamente direi, continuano in modo ammirevole ad organizzare in questi luoghi la memoria storica mettendo in pratica le parole “Stufissa mia” testamento di Lino Pedroni, partigiano Modroz nella 122^, Presidente provinciale ANPI, che ricordiamo a nove mesi dalla sua scomparsa. D’altro canto la propaganda nazifascista si muoveva per attribuire la responsabilità morale degli eccidi ai partigiani, indicati come la causa del propagarsi della violenza contro i civili. Così la pratica della strage voleva essere lo strumento, allo stesso tempo brutale e sottile, per spingere la popolazione a mutare il suo atteggiamento di prevalente complicità con la Resistenza, in un nuovo atteggiamento di totale ostilità verso i partigiani. Quando, viceversa, violenza, ferocia e brutalità individuali e di gruppo di fascisti e nazisti erano legittimate e possibili all’interno proprio di quella precisa strategia politico-militare del terrore che il nazifascismo adottò nei confronti delle popolazioni italiane, una strategia capace di sfociare rapidamente in ripetuti massacri. Riferendosi solo al bresciano, quelli di Cevo agli inizi di luglio, e a Bovegno a ferragosto avevano preceduto solo di poche settimane questo nella Valle Dorizzo. Non a caso proprio nell’estate del ’44, proprio quando, anche nelle Valli bresciane i ribelli, i banditi, gli sbandati della prima ora, a cui si erano aggiunti negli ultimi mesi coloro che sfuggivano ai bandi della RSI, stavano vivendo quella fase che gli storici oggi definiscono di passaggio dall’essere “renitenti”, “ribelli” a “resistenti”, a “partigiani” grazie al lavoro organizzativo di CLN locali e regionali, a quello di commissari politici e inviati militari mandati “da fuori” per strutturare e coordinare con grande fatica quelle che fino allora erano state soprattutto “bande” spontanee. Sforzi non sempre coronati da successo, come si verificò con le diverse “bande”, presenti e attive in queste zone, e per questo in condizioni di fragilità estrema ed esposte a rischi estremi di fronte alla repressione nazifascista.
affidato all’ANPI l’oneroso compito di essere “coscienza critica” del Paese. Ma che significa “coscienza critica” se non osservare la situazione sociale, quella politica e istituzionale con occhi imparziali e distaccati, formulando valutazioni sulla base del solo metro che abbiamo, cioè la Costituzione ed i suoi principi? Altrimenti tradiremmo noi stessi. E le parole, oggi le mie, risuonerebbero false ed insopportabilmente retoriche alle nostre stesse orecchie prima che a quelle di chi ascolta. Con la consapevolezza che criticare e denunciare i rischi non significa entrare nel gioco dei partiti, compito non nostro, bensì ribadire la necessità di avere sempre come punto di riferimento la Costituzione democratica ed antifascista frutto ed eredità della lotta di liberazione, il testamento di centomila morti che la Resistenza ci ha consegnato. Sede operativa:
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