Gran Bretagna. Matthew Collins/HOPE not hate
Matthew Collins, capo del servizio informazioni dell’organizzazione antirazzista e antifascista britannica HOPE not hate, è attualmente il cacciatore di neonazisti più celebre ed efficace a livello mondiale.
Matthew Collins, la cui storia è già nota al pubblico di lingua inglese da quasi 20 anni e ha ottenuto ulteriore risalto negli ultimi 4-5, è ora un volto arcinoto al grande pubblico da quando, nel corso del mese di ottobre 2022, la rete televisiva britannica ITV ha messo in onda una serie TV di grande successo, The Walk-In (qui dal Guardian). La serie sarà presto resa disponibile a un pubblico internazionale da una delle grandi piattaforme di serie TV.
Attualmente, Matthew è impegnato in un tour di Gran Bretagna e Irlanda per presentare il libro dal quale è tratta la serie, The Walk In: Fascists, Spies & Lies The True Story Behind the TV Series (Partisan Books, 2022).
Nato nel 1971, Matthew Collins entra nel National Front (NF) a 15 anni, nel 1987. Nei 6 anni che trascorre nell’organizzazione arriva a frequentare i suoi leader e viene visto da molti come un possibile futuro capo. Negli stessi anni collabora con il British National Party e “presta servizio” in aggressioni e spedizioni violente con l’organizzazione neonazista Combat 18.
Il 29 giugno 1989 partecipa a una spedizione del BNP contro un incontro pubblico alla biblioteca di Welling, nel Kent. L’incontro è convocato proprio contro il BNP. È un incontro a rischio e gli organizzatori chiedono la vigilanza di un servizio d’ordine. Tuttavia, a causa di uno sciopero della metropolitana, gli uomini incaricati di farlo non riescono a raggiungere la sala. Circa 40 fascisti irrompono nella sala, dove erano presenti quasi solo donne, armati di martelli. È un massacro. Qualcuno mette in salvo i bambini nei gabinetti. Chi riesce a scappare salta dalle finestre del primo piano, fratturandosi braccia e gambe. Fra i ricordi di Collins c’è una donna incinta che fortunosamente riesce a rifugiarsi in un gabinetto. I fascisti la inseguono e cercano di buttare giù la porta per aggredirla.
Quella serata cambia la percezione di Collins, che nei giorni seguenti si mette in contatto con la rivista antifascista Searchlight. Da lì a poco incomincia a fare i nomi dei suoi ex camerati, che giurano vendetta. La squadra politica della polizia britannica organizza il suo esilio in Australia, dove Collins trascorre 10 anni, facendo ritorno in Gran Bretagna nel 2003.
Al ritorno inizia a collaborare stabilmente come ricercatore con Searchlight e, dopo la sua fondazione, con HOPE not hate.
HOPE not hate
L’iniziativa HOPE not hate (Speranza, non odio, HnH) nasce nel 2004 per iniziativa di Nick Lowles all’interno della rivista Searchlight, dopo anni di crescita del British National Party (BNP) nel nord dell’Inghilterra, proponendo un modo nuovo di fare antifascismo. Rispetto ai cortei e alle manifestazioni, HnH inizia un paziente lavoro all’interno delle comunità locali per ascoltare le motivazioni della gente comune e capire perché molti elettori avevano iniziato a votare per l’estrema destra. Si concentra inizialmente nel quadrilatero a nord di Liverpool e Manchester e a est di Leeds.
Il primo grande successo arriva però poco fuori Londra, nel ‘municipio’ di Barking & Dagenham, in una zona nella quale il BNP era arrivato al 41%. Nel 2010, galvanizzato dalla crescita, il partito di Nick Griffin spera di conquistare il consiglio locale, mentre lo stesso Griffin si presenta alle elezioni parlamentari nel collegio di Barking. HnH scende in campo con la campagna più vasta realizzata fino a quel punto, durata 5 mesi, con 355mila fra volantini e opuscoli distribuiti e 1500 persone coinvolte, delle quali circa 450 impegnate in due giornate di agitazione verso la fine della campagna. Il BNP perde clamorosamente, la quota raccolta da Griffin è umiliante e HnH si intesta parte del merito del risultato.
Demoralizzato, il BNP si perde nelle liti interne e da lì inizia il declino che lo porterà alla “chiusura”, nel 2016.
Nel 2009 HnH consegna al Parlamento Europeo una petizione firmata da 90mila persone per protestare contro l’elezione di Nick Griffin.
Nel 2011 HOPE not hate esce dalla rivista Searchlight e si costituisce come organizzazione autonoma, articolata in due divisioni: Hope not Hate Educational Ltd (Onlus dedicata alla formazione e all’educazione) e Hope not Hate Ltd (che si concentra sul lavoro organizzativo e informativo).
All’inizio del 2013 Hope not Hate Educational Ltd ottiene dal governo fondi per un totale di 75mila €, in 3 tranche. Condizione essenziale per il finanziamento è che i fondi non vengano utilizzati se non per “iniziative educative” insieme alle comunità locali, con un esplicito divieto all’uso per campagne politiche.
Negli anni successivi, HnH vara una campagna contro l’estremismo islamico. Nel 2014 HnH lancia un nuovo blog, Generation Jihad, descritto come “un forum dedicato al monitoraggio, alla denuncia e alla conoscenza del jihadismo militante e dell’estremismo islamico”.
Nel 2016, in seguito all’assassinio della deputata laburista Jo Cox, HnH lancia la campagna #MoreInCommon (“È più quello che ci unisce”), appoggiata dalla famiglia della deputata uccisa, che culmina nella realizzazione di oltre 80 eventi in tutto il Paese in due giornate di agitazione nel settembre 2016.
Nello stesso mese, Nigel Farage accusa gli attivisti di HnH chiamandoli “estremisti” che fanno uso di “metodi violenti e antidemocratici”. L’organizzazione lancia un crowdfunding per portare Farage in tribunale e lo querela per diffamazione. Nel novembre 2016, poco prima dell’inizio del processo, Farage ritira quanto affermato e accetta un accordo extragiudiziario.
Nel 2017, HnH pubblica i risultati di un’indagine, durata un anno, che ha condotto ai vertici della cosiddetta “alt-right”, la nuova destra neo nazista statunitense. Per la sua indagine HnH utilizza un attivista svedere, Patrik Hermansson, infiltrato nel mondo della “nuova destra” americana, che raccoglie documenti e testimonianze con l’aiuto di una telecamera nascosta in un bottone della giacca. L’indagine inaugura lo sbarco di HOPE not hate negli Stati Uniti.
Sempre nel 2017, HnH inizia a lavorare con una “talpa” che si è presentata spontaneamente (da qui il titolo della serie e del libro, “the walk-in”) per raccontare ciò che sta succedendo nell’organizzazione di cui fa parte, National Action. Grazie al “walk-in” Robbie Mullen, HnH scopre che NA, la prima organizzazione di estrema della storia britannica a essere messa fuori legge dal Governo (dicembre 2016) è in realtà ancora attiva e dominata dal mito della “jihad bianca”. Grazie alle rivelazioni di Mullen, HnH salva così la vita della deputata Rosie Cooper e di un’altra donna, un’agente di polizia. Seguono diversi processi nei quali i membri di NA vengono condannati a pene variabili da alcuni anni all’ergastolo (è il caso di Jack Renshaw).
HOPE not hate punta molto sul lavoro di ricerca e di spionaggio e si concentra nel portare alla luce del sole le attività illecite spesso collegate alle organizzazioni neofasciste e razziste. Un esempio è il lavoro fatto contro la English Defence League, le cui attività HnH ha contribuito a portare sui grandi mezzi di informazione.
Nick Lowles
Nato nel 1968, già direttore della rivista Searchlight, nella quale è stato attivo a partire dalla metà degli anni ‘80, Lowles fonda HOPE not hate nel 2004. Nel 2005 entra in polemica con l’organizzazione Unite Against Fascism (Uniti contro il fascismo, UAF) che aveva assunto una posizione recisa contro le accuse rivolte dalla stampa e dalla destra ad alcune organizzazioni e comunità nere in Gran Bretagna (ad esempio su una questione molto ‘locale’ della zona a nord di Manchester di giri di pedofili attivi nella circonvenzione di ragazzine in difficoltà da sfruttare sessualmente o avviare alla prostituzione). In polemica con la UAF, Nick Lowles sostiene che il cosiddetto “grooming”, così come la frequente disparità nel trattamento assistenziale del settore pubblico verso alcune comunità di immigrati a scapito delle comunità povere autoctone, sono realtà di cui tenere contro, non semplici miti. La UAF accusa Searchlight di alimentare i pregiudizi razzisti e Lowles minaccia di querelarli. A partire dal 2005, la UAF e HnH prendono definitivamente strade separate.
Searchlight
La rivista Searchlight viene fondata nel 1975 da Gerry Gable con lo scopo di mettere a nudo le attività di cittadini e associazioni razziste, antisemite e fasciste nel Regno Unito e fuori dai confini.
All’inizio degli anni 2000, il British National Party fa ricorso alla Commissione incaricata di vigilare sugli enti di beneficienza sostenendo che Searchlight tradisce la sua missione con un’attività decisamente politica. Nel 2003 la Commissione dà parzialmente ragione al BNP e Searchlight viene spezzettata in 3 entità: la rivista Searchlight, Searchlight Information Services (SIS, creato apposta per condurre attività di ricerca e indagine a favore di enti governativi, politici, giornalisti e forze dell’ordine) e il Searchlight Educational Trust (SET), che avrebbe dovuto dedicarsi solo alla formazione e all’educazione sugli aspetti del razzismo e del fascismo.
Nel 2011, il SIS e il SET passano da Searchlight a HOPE not hate.