“Nel momento di massima espansione, l’aspirazione di Rauti non era quella di organizzare la «Destra Nazionale» secondo le linee dettate da Almirante quanto piuttosto quella di costruire «un apparato nuovo di Partito incentrato sulle categorie» (per farlo Rauti invitava a utilizzare «gran parte dei mezzi» economici a disposizione) che trasformasse il Msi da «grosso partito con molti consensi» in un «grande partito con ambizioni e potenzialità storiche»257.
I successi elettorali missini, nel frattempo, avevano continuato a procedere lungo tutto il 1971 in parallelo alle violenze squadriste: dalle quattro bombe inesplose a Palermo collocate il 2 gennaio davanti al Comune e agli uffici della Regione, agli assalti a Milano prima alla sede della Uil (24 gennaio) e poi alla Camera del Lavoro (1o febbraio); dagli attentati dinamitardi di Trento del 18 e del 20 gennaio fino alle aggressioni contro il sindaco comunista e la Federazione del Pci di Reggio Emilia e alla sede Cisl di Varese258. A Roma i giorni 2, 18 e 21 ottobre militanti missini aggredirono gli studenti dei licei Dante, Virgilio e Albertelli; il 26 e 27 ottobre nuova aggressione squadrista di 30 neofascisti del Msi e di An davanti al liceo Albertelli dove fu fermato e denunciato, tra gli altri, Andrea Mieville; il 2 novembre nel quartiere Portonaccio un gruppo di missini della locale sezione aggredí un operaio comunista della tipografia Apollon divenuta nota in seguito alle lotte sindacali del 1969259; il 9 novembre venne fermato il segretario della sezione del Msi del quartiere Flaminio in seguito a un’aggressione ai danni di quattro studenti della scuola Bernini; il 17 e 23 dicembre fu assaltata la sezione del Psiup di via Aosta e compiuto un attentato contro il circolo ricreativo del Pci nel quartiere di Centocelle260.
A Milano, nel frattempo, avevano ripreso intensità gli attentati delle redivive SaM che già tra la fine del 1969 e l’inizio del 1970 erano state segnalate dagli organi di polizia per la loro origine missina e per l’attività eversiva connessa allo schema dell’innalzamento della tensione politica finalizzato all’intervento d’ordine del governo:
SAM (Squadre d’Azione Mussolini), organizzazione costituita da un ristretto numero di persone, aderenti al Msi, che sotto l’insegna della sigla indicata si proponevano, mediante azioni terroristiche contro sedi di movimenti politici di estrema sinistra, l’instaurazione di un particolare clima di tensione tale da determinare una soluzione autoritaria da parte degli organi governativi261.
Tra il 1971 e il 1972 le SaM realizzarono decine di attentati262 colpendo le sedi del Pci, dell’Anpi, del Psi e del Psdi, la tipografia de «l’Unità» e la redazione de «Il Giorno»263. Il 15 febbraio 1972 le indagini sul gruppo portarono all’arresto dei neofascisti Giancarlo Esposti (trovato in possesso della chiave di una cassetta del deposito bagagli della Stazione Centrale dove erano conservati 4 chili di dinamite e miccia a rapida combustione264) e Angelo Angeli265 e al sequestro dell’arsenale delle SaM costituito da esplosivi, micce a rapida combustione, armi e fotografie del campo paramilitare di Barni (Como)266. Insieme a Esposti, che morirà nel 1974 nei fatti di Pian del Rascino, l’inchiesta portò all’incriminazione di due dirigenti del Msi di Milano: il segretario provinciale del Fronte della Gioventú Gianluigi Radice (che si renderà latitante e dopo essere stato prosciolto rientrerà nel Msi) e Nestore Crocesi267. Tra i componenti delle SaM figuravano anche altri noti esponenti del neofascismo milanese come Dario Panzironi, Romeo Sommacampagna, Francesco Zaffoni e Antonio Valenza268”
“Un «primo colpo di bisturi»62 si ebbe il 4 giugno 1974 quando, su iniziativa del ministro Taviani, venne ufficialmente sciolto l’Ufficio Affari riservati, guidato dal prefetto Federico Umberto D’Amato. Una struttura indicata, nella migliore delle ipotesi, come inerte e passiva, quando non direttamente collusa, con i fenomeni del terrorismo neofascista e dell’eversione che avevano caratterizzato l’intera fase 1969-74.
Lo stesso D’Amato, nonostante si fosse mostrato convinto propugnatore della teoria degli «opposti estremismi», alla figura di Almirante e alla politica della «piazza di destra» aveva dedicato una parte del rapporto presentato nel maggio 1971 durante la riunione del coordinamento internazionale dei servizi di polizia (Club di Berna) a cui parteciparono i responsabili dei servizi di intelligence di Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Usa, Belgio e Olanda.
Nella sua relazione D’Amato individuò nell’ascesa di Almirante alla segreteria missina, nella nuova linea impressa al partito e nel rientro del gruppo di Rauti le ragioni dell’espansione della violenza neofascista nel Paese:
La violenza dell’estrema destra continua ad essere giustificata dai suoi sostenitori come una naturale reazione psicologica ai disordini e alle violenze del movimento studentesco, della contestazione giovanile, dell’autunno caldo […] Col pretesto della reazione, a cominciare dal 1968 sono fiorite nel settore molteplici anche se velleitarie iniziative para-rivoluzionarie […] lo stesso pretesto di galvanizzare il paese per liberarlo dalla sovversione e sventare il pericolo di una prossima ascesa dei comunisti al potere è stato preso a fondamento dal Msi con la nuova linea politica instaurata a seguito dell’avvento alla segreteria di Giorgio Almirante e del rientro nelle file missine del gruppo dissidente filo-nazista di Ordine Nuovo63.
Rispetto all’azione squadrista, continuava D’Amato, le strutture giovanili di base del Msi avevano progressivamente assunto una funzione affine ai gruppi dell’estrema destra extraparlamentare:
In omaggio a questa nuova linea politica del Msi, le sue organizzazioni giovanili si sono fatte più tracotanti aggressive e violente, sia nel provocare sia nel rintuzzare gli avversari, mettendosi al passo con i concorrenti gruppi oltranzisti di estrema destra64.
La prassi della «piazza di destra», affermatasi già prima della vittoria nelle elezioni amministrative del 1971 e in quelle politiche del 1972, sarebbe andata poi espandendosi nel biennio dell’avanzata del Msi con l’ondata di episodi di violenza squadrista registrati lungo l’intero territorio nazionale e con il coinvolgimento diretto e indiretto di non pochi esponenti politici missini. Tuttavia ciò non era stato ritenuto sufficiente per una verifica della condotta dei dirigenti del partito, come segnalava la clamorosa vicenda dell’inchiesta e dell’autorizzazione a procedere presentata al Parlamento da Bianchi D’Espinosa.
Sul piano giudiziario la Procura di Roma guidata all’epoca dal piduista Carmelo Spagnuolo65, e nota all’opinione pubblica come il «porto delle nebbie» dove tutte le indagini su fatti di eversione e scandali finanziari finivano per disperdersi senza avere seguito, lasciò languire, per poi abbandonare del tutto, l’inchiesta sul segretario missino fino alla sua morte nel 1988″